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CIVILTÀ E RAZZE DI FELSINA ETRUSCA
Subentra ora la civiltà etrusca.
Questa civiltà era caratterizzata dall'uso misto del rito della cremazione (tombe a dolio) e della inumazione (tombe a fossa), che vediamo persistere in Bologna, per tutto il V secolo fino all'inizio del secolo IV e cioè sul tramonto della dominazione etrusca in Felsina, con prevalenza, o quasi esclusività, in questo periodo, del rito della inumazione.
Pare ormai assodato che la infiltrazione etrusca nello strato etnico villanoviano nel territorio bolognese, si sia iniziata verso la metà del VI secolo a. C.
Le numerose tombe di inumati venute in luce a Bologna, nella necropoli puramente e specificamente etrusca della Certosa e nei giardini Margherita, a Marzabotto ed in Etruria, hanno offerto agli antropologi un cospicuo materiale scheletrico, onde è possibile accertare quali fossero gli elementi raziali che componevano questo insigne popolo, oggimai antropologicamente meno misterioso (cfr. Frassetto: Crania Etrusca).
La grande importanza, che nella nostra Regione ha avuto questo popolo, può giustificare un più particolareggiato studio craniologico, che qui brevemente riassumiamo, togliendolo dalla nostra citata memoria.
Considerati nel loro insieme, i crani etruschi si presentano per grandezza piuttosto superiori che inferiori alla media.
Commisti a pochi crani di rozza fattura, ve ne sono molti di fattura non rozza, ma piuttosto fina, ed altri ancora, pochissimi invero, di fattura squisitamente delicata. Essi sono in maggioranza di tipo mediterraneo (fig. 12-13), cioè allungati, con indici prevalenti di mesocefalia; la minoranza è rappresentata da crani di tipo eurasico, cioè accorciati, con indici di moderata brachicefalia e di mesocefalia. Tanto gli uni che gli altri sono prevalentemente curvoccipitali ed hanno moderata altezza; sporadicamente, ma solo nell'Etruria padana, si è notato qualche raro caso di tipo brachimorfo planoccipitale, alto caratteristico, secondo alcuni AA., della così detta razza dinarica od adriatica, affine ai brachicefali armenoidi del Von Luschan.
L'analisi particolareggiata dei crani etruschi dolicomorfi permette avvicinamenti con crani eneolitici liguri, sardi, siculi, con quelli fenici, cretesi, minoici ed egiziani — tutti appartenenti alla stirpe mediterranea; mentre l'analisi dei brachimorfi permette avvicinamenti coi brachicefali eneolitici della Sardegna (Anghelu Ruju) e della Sicilia (Castellacelo, Pantalica), coi brachimorfi delle Canarie e di Creta, ricollegati alla loro volta in maggioranza coi brachicefali cosidetti marini dell'Egeo e dell'Asia Minore, in minoranza coi brachicefali del tipo dinarico testé ricordato.
La diversa frequenza del dolico e dei brachimorfi, che abbiamo fin qui osservato, mostra nel Bolognese, come dappertutto in Europa, quel fenomeno di graduale sostituzione di elementi euraslci ai preesistenti elementi africani mediterranei, cui gli Etruschi appartengono.
Infatti, mentre durante la dominazione etrusca i dolicomorfi nel Bolognese sono rappresentati all'incirca dal 58% e i brachimorfi dal 42%, in tempi relativamente recenti i rapporti si invertono, con una percentuale del 45%, circa di dolicomorfi, e del 55% circa nei brachimorfi 11.
Questa prevalenza nei brachimorfi, che, come vedremo in seguito, risulta molto più accentuata nella popolazione attuale, si sarà molto probabilmente iniziata fin dai tempi del dominio gallico (IV-II sec. a. C). I Galli rappresentano infatti nel Bolognese una nuova emigrazione di brachimorfi appartenenti a quella stessa stirpe di origine asiatica, di cui era prevalentemente formato quel popolo, che nei tempi storici prese il nome di Celtico.
Troppo difficile e troppo lungo sarebbe seguire lo svolgimento e le mescolanze delle razze durante la romanità, l'età barbarica ed il Medio Evo.
Troviamo più opportuno venire senz'altro alle popolazioni attuali.
Статья в оригинале:
http://carnby.altervista.org/frassetto/note.htm
Subentra ora la civiltà etrusca.
Questa civiltà era caratterizzata dall'uso misto del rito della cremazione (tombe a dolio) e della inumazione (tombe a fossa), che vediamo persistere in Bologna, per tutto il V secolo fino all'inizio del secolo IV e cioè sul tramonto della dominazione etrusca in Felsina, con prevalenza, o quasi esclusività, in questo periodo, del rito della inumazione.
Pare ormai assodato che la infiltrazione etrusca nello strato etnico villanoviano nel territorio bolognese, si sia iniziata verso la metà del VI secolo a. C.
Le numerose tombe di inumati venute in luce a Bologna, nella necropoli puramente e specificamente etrusca della Certosa e nei giardini Margherita, a Marzabotto ed in Etruria, hanno offerto agli antropologi un cospicuo materiale scheletrico, onde è possibile accertare quali fossero gli elementi raziali che componevano questo insigne popolo, oggimai antropologicamente meno misterioso (cfr. Frassetto: Crania Etrusca).
La grande importanza, che nella nostra Regione ha avuto questo popolo, può giustificare un più particolareggiato studio craniologico, che qui brevemente riassumiamo, togliendolo dalla nostra citata memoria.
Considerati nel loro insieme, i crani etruschi si presentano per grandezza piuttosto superiori che inferiori alla media.
Commisti a pochi crani di rozza fattura, ve ne sono molti di fattura non rozza, ma piuttosto fina, ed altri ancora, pochissimi invero, di fattura squisitamente delicata. Essi sono in maggioranza di tipo mediterraneo (fig. 12-13), cioè allungati, con indici prevalenti di mesocefalia; la minoranza è rappresentata da crani di tipo eurasico, cioè accorciati, con indici di moderata brachicefalia e di mesocefalia. Tanto gli uni che gli altri sono prevalentemente curvoccipitali ed hanno moderata altezza; sporadicamente, ma solo nell'Etruria padana, si è notato qualche raro caso di tipo brachimorfo planoccipitale, alto caratteristico, secondo alcuni AA., della così detta razza dinarica od adriatica, affine ai brachicefali armenoidi del Von Luschan.
L'analisi particolareggiata dei crani etruschi dolicomorfi permette avvicinamenti con crani eneolitici liguri, sardi, siculi, con quelli fenici, cretesi, minoici ed egiziani — tutti appartenenti alla stirpe mediterranea; mentre l'analisi dei brachimorfi permette avvicinamenti coi brachicefali eneolitici della Sardegna (Anghelu Ruju) e della Sicilia (Castellacelo, Pantalica), coi brachimorfi delle Canarie e di Creta, ricollegati alla loro volta in maggioranza coi brachicefali cosidetti marini dell'Egeo e dell'Asia Minore, in minoranza coi brachicefali del tipo dinarico testé ricordato.
La diversa frequenza del dolico e dei brachimorfi, che abbiamo fin qui osservato, mostra nel Bolognese, come dappertutto in Europa, quel fenomeno di graduale sostituzione di elementi euraslci ai preesistenti elementi africani mediterranei, cui gli Etruschi appartengono.
Infatti, mentre durante la dominazione etrusca i dolicomorfi nel Bolognese sono rappresentati all'incirca dal 58% e i brachimorfi dal 42%, in tempi relativamente recenti i rapporti si invertono, con una percentuale del 45%, circa di dolicomorfi, e del 55% circa nei brachimorfi 11.
Questa prevalenza nei brachimorfi, che, come vedremo in seguito, risulta molto più accentuata nella popolazione attuale, si sarà molto probabilmente iniziata fin dai tempi del dominio gallico (IV-II sec. a. C). I Galli rappresentano infatti nel Bolognese una nuova emigrazione di brachimorfi appartenenti a quella stessa stirpe di origine asiatica, di cui era prevalentemente formato quel popolo, che nei tempi storici prese il nome di Celtico.
Troppo difficile e troppo lungo sarebbe seguire lo svolgimento e le mescolanze delle razze durante la romanità, l'età barbarica ed il Medio Evo.
Troviamo più opportuno venire senz'altro alle popolazioni attuali.
Статья в оригинале:
http://carnby.altervista.org/frassetto/note.htm